giovedì 22 dicembre 2011

Sindrome da Check-in


Ad oggi esistono decine di applicazioni e programmi che permettono, a qualsiasi persona armata di smartphone, di segnalare la propria presenza reale nel virtuale.
Tra Foursquare, Gowalla, Yelp, Facebook Places e Google Places quotidianamente  si possono rilasciare una serie infinita di check-in. 
Ma perché così tanta gente decide farsi localizzare tramite queste tecnologie? Si potrebbe diagnosticare per alcuni una sindrome da check-in.

Quello che si sta creando è una costellazione di luoghi parallela alla realtà in cui viviamo.
La maggior parte dei check-in è pubblica, il che significa che le persone non si preoccupano affatto di nascondere la propria posizione. C’è un intenso desiderio di rilasciare tracce sparse, come le tigri  o altri animali, a noi più vicini, che lo fanno per delimitare il proprio territorio.
Tuttavia non credo che sia per una questione squisitamente biologica. 

Si rilasciano check-in perché è premiante, appagante ed è un’attività da eseguire che ci tiene occupati. Ebbene, in questa epoca in cui siamo assorbiti da mille cose da fare e da ricordare, siamo spinti a cercarne ancora di nuove.
Scoprire luoghi in cui posso essere premiato per aver segnalato la mia presenza è un occupazione stimolante, per quanto frivola possa definirsi. 
Quante azioni compiamo quotidianamente senza un reale scopo e fine a se stesse? Quanti piccoli atti effettuiamo in giornata privi di qualsiasi ragione valida?
Molti fumano per ingannare il tempo, altri invece di accendersi una sigaretta prendono il loro smartphone e si godono un istantaneo check-in.
Se poi questa attività è interattiva e ha una dimensione ludica, diventa ancora più appetibile.

Questo aspetto è legato in particolare alla conformazione degli smartphone e dei tablet, oggetti dalle infinite “applicazioni” e dalle innumerevoli possibilità. Talmente potenti da creare e arricchire una realtà che ci circonda e che prende una forma propria.
Non a caso servizi come Foursquare, Gowalla vengono anche identificati come applicazioni  di realtà aumentata (augmented reality). Permettono la costruzione di un immaginario condiviso attorno al nostro vivere quotidiano, inserendo elementi che traslano dal virtuale al reale.
Così i locali cui siamo soliti frequentare acquisiscono una luce diversa sotto Foursquare: ora può diventare un luogo di cui ambire la leadership (si acquisisce il ruolo di Major).

Tuttavia Facebook Luoghi non sembra affatto appagante e non propone alcuna dimensione ludica. Nemmeno sconti o promozioni dato che Facebook Deals è stato sospeso da tempo.
Nonostante ciò, noto che vengono rilasciati diversi chek-in con Facebook
Potrebbe essere perché nel segnalare la mia presenza ai miei amici o conoscenti possono eventualmente raggiungermi? Oppure è perché ci sembra di valere di più nel momento in cui comunichiamo al mondo che esistiamo in un dato luogo, hic et nunc?
Ma in tutto ciò la privacy dove fa a finire? Non è paradossale come spesso ci sforziamo nel custodire  gelosamente molti fatti personali dalla rete e poi non ci facciamo problemi a lanciare segnali di fumo virtuali nel e con il web?

Quale sia il motivo che ci spinge a creare segnalazioni digitali con i mezzi di geolocalizzazione, è chiaro che di questo passo prenderà forma una sorta di “virtualsfera” in cui il digitale comincerà a inserirsi nella fisicità dei luoghi visitati.
Allora finiremo a far l’amore virtuale come nel film Demolition man?

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